| «Mi parli di lei» disse Euridice. La birra stava facendo molto più effetto del previsto, facendole ronzare la testa. La poliziotta era sempre stata una buona bevitrice, cosa che le accese nella mente il sospetto di essere stata drogata. Ma fu solo un istante, perché subito dopo delle mani calde e morbide iniziarono a passare dolci sulle sue spalle. Euridice dondolava sul divano, battendo gli occhi per mettere a fuoco l’immagine di Talassa trattata come una regina. «Ottima scelta, non c'è bisogno di affrettare le cose» disse la segretaria, abbandonandosi alle dolci coccole delle ragazze «lei porta un bel nome classico, anche se un po' sfortunato, conosce il mito dietro di esso?» Euridice, ad occhi socchiusi mentre quelle mani meravigliose le massaggiavano le spalle, provò a far mente locale. «C'era di mezzo un cantante… e moriva qualcuno…» disse lei. Talassa ridacchiò. Un suono dolce e confortante, come schiuma che accarezza sabbia candida. «Beh, questo riassume più o meno tutta la mitologia classica» rise ancora «la povera Euridice sposò Orfeo, e quel grand’uomo andò fino all’Ade per riprendersela, solo che Ade è sempre stato un bambino testardo, e quando il musico non tenne fede al loro patto non le permise di tornare in superficie» Dal canto suo, la poliziotta sentiva appena la voce di Talassa, troppo presa dal piacere di alcune mani che adesso, senza troppo preavviso, le stavano dolcemente sfilando stivali e calzini. Un mugolo di piacere le venne alla bocca, senza che lei potesse e volesse trattenerlo. «Ops!» disse Talassa, schioccando le dita. Euridice, di colpo, fu di nuovo presente, come se si fosse svegliata da un lungo sonno. Provò a muoversi, trovandosi legata mani e piedi al divano. Le sue gambe erano state unite, con corde che la stringevano sopra e sotto le ginocchia, e le caviglie poggiavano legate su un piccolo poggiapiedi. «Che diamine succede? Questo è un sequestro!» urlò Euridice. «Pasinoe! Sei troppo frettolosa! Non ho ancora finito di parlare con la nostra ospite, non puoi già iniziare a giocare» senza preoccuparsi delle sue grida, Talassa stava rimproverando una ragazza bassa, con i capelli candidi e quelle che parevano piume emergere da dietro le orecchie. La ragazza, imbronciata, si limitò a sedersi a terra. «Ah, mi dispiace, ma Pasinoe è sempre stata impulsiva. Ad ogni modo, anche le altre vorrebbero che tagliassi corto» Talassa sbuffò all’indirizzo di una dozzina di ragazze, tutte ghignanti «va bene, veniamo a noi. “Talassa” vuol dire “mare”, ma non è propriamente il mio nome, l’ho usato solo perché mi è sempre piaciuto il suono; il nome con cui sono nata è Euribia, forse non le dirà nulla, ma sono, in sintesi, la “sovranità del mare”» «La cosa?!» Euridice strillò ancora, senza seguire il delirio dell'altra. «Bella domanda, non le so rispondere per bene. Sono io la personificazione della sovranità marina, o la sovranità del mare deriva da me? Non lo so, ad ogni modo, per farle capire cosa intendo…» Talassa, o Euribia, o come diamine volesse farsi chiamare, fissò i suoi occhi in quelli della poliziotta. Euridice si era sempre considerata una persona forte, risoluta, testarda. In tutta la sua vita non si era fatta mettere i piedi in testa da nessuno, parenti, fidanzati, capi e superiori. Davanti allo sguardo di Euribia, tremò. Fu un riflesso istintivo, viscerale, insito nella sua stessa natura di essere umano. Euribia comandava, lei obbediva. Non c'era spazio per la negoziazione, per le parole, per atti di ribellione. Euridice fissò gli occhi completamente blu dell’altra, e seppe che avrebbe eseguito qualsiasi comando le avrebbe dato. Poi, di colpo com’era arrivato tutto cessò. «Bene, questo chiarisce pressappoco il mio “potere”, non ho voglia di dar spettacolo in altri modi. Poseidone è un tale scocciatore, quando gioco troppo con il “suo” mare» le tante ragazze nella stanza risero «ora… per il pagamento, cosa sceglie? Vuole che le ragazze ci vadano piano con lei, o preferisce che ci mettano anima e corpo dall’inizio?» Euridice non stava più capendo cosa accadeva, vide solo le ragazze ghignare in direzione dei suoi piedi. Ognuna di loro teneva in mano qualcosa, un’accozzaglia di oggetti che la poliziotta non riusciva a mettere insieme: olio, spazzole, spazzolini, piume, guanti strani, uno di quei cosi per massaggiare la testa. D'istinto, Euridice disse
A: iniziare piano B: andarci pesante
|